Pietro di Dante Alighieri
La tomba di Pietro di Dante in Santa Margherita
di Antonio Bruno
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Pietro Alighieri, primogenito di Dante e Gemma di Manetto Donati, è il protagonista “assente” dell’atto notarile rogato l’8 dicembre 1364, a Treviso, nella chiesa del Duomo.
Il documento fu rinvenuto nel XIX secolo da Luigi Bailo negli atti del notaio trevigiano Ottone da Castagnole e fu studiato, per la prima volta, da Gerolamo Biscaro sul finire dell’800 (i).
Il notaio aveva probabilmente sistemato uno sgabello e un piccolo banco sotto l’arca funebre del vescovo Castellano di Salomone. Di fronte a lui, erano convenuti, oltre ai testimoni, Leonardo del fu Baldinaccio, un fiorentino che era residente a Treviso e Zilberto, figlio di Mauro Santi, un tagliapietra di Venezia.
Leonardo era uno dei due commissari testamentari designati da Pietro nel proprio testamento, rogato a Treviso il 21 febbraio 1364.
L’altro commissario, frate Liberale, priore del convento di Santa Margherita, non era invece presente.
Leonardo, Zilberto e Ottone si erano dati appuntamento nella chiesa cattedrale per definire i termini dell’accordo in base al quale il secondo si impegnava a erigere la tomba di Pietro, deceduto a Treviso il 21 aprile 1364, dunque esattamente due mesi dopo aver dettato le proprie ultime volontà testamentarie.
L’arca, infatti, doveva essere realizzata a somiglianza di quella del vescovo Castellano di Salomone. Gli attori dello instrumentum potevano, in tal modo, avere davanti ai propri occhi il modello da seguire, mentre discutevano di materiali, modalità e tempi di esecuzione, di prezzo, tempi di consegna e di pagamento con le relative, eventuali penali; tutte cose di cui il notaio prendeva diligentemente e fedelmente nota per poi trascriverle nel proprio protocollo e infine redigere l’atto originale da consegnare alle parti.
Il testo è composto da 76 righe caratterizzate da un buon numero di correzioni, aggiunte in interlinea e a margine che, nella trascrizione, ho riportato in nota. In apparato menziono anche le principali differenze con la trascrizione di Biscaro. L’economia del presente lavoro, unita all’attuale pandemia e ai molteplici impegni di direzione, non mi hanno consentito ulteriori approfondimenti, con particolare riguardo al Codice Diplomatico Dantesco, che non ho potuto consultare. Il testo appare complessivamente perspicuo e non presenta particolari difficoltà se si esclude la parola o le parole aggiunte in interlinea a r. 32 che si sovrappongono alle aste ascendenti di “l” e “b” in “alabaustri”.
Dalla riga n. 22 alla riga n. 52 vi è la minuziosa descrizione di come doveva essere realizzato il monumento sepolcrale che avrebbe dovuto essere, innanzitutto, della stessa lunghezza dell’arca di Salomone. Come quest’ultima, doveva poggiare su un fondo in pietra d’Istria, sostenuto da due grandi pietre a forma di testa di leone.
Al centro di esso - lì dove nell’arca di Salomone è ritratto il vescovo con il bastone pastorale - doveva essere scolpita l’immagine di Pietro seduto in cattedra con ai due lati la Vergine gloriosa e l’angelo dell’annunciazione.
Gli stemmi gentilizi degli Alighieri dovevano trovare posto nelle due teste dell’arca, mentre sopra il sarcofago andava collocata la statua di Pietro giacente con il capo adagiato su un piccolo cuscino. Il padiglione doveva essere adornato da due figure marmoree rappresentanti le virtù. Tali figure, in una mano tengono dispiegato un lungo documento, nell’altra stringono gli orli di una tenda. Ai lati del padiglione della tomba di Castellano vi sono invece due angeli che, con una mano, scostano le cortine, nell’altra portano un turibolo.
Il monumento sepolcrale doveva essere ultimato entro il giorno di Pentecoste del 1365, cadente domenica 1° giugno. Il compenso pattuito era di centocinquanta ducati d’oro, da liquidarsi in due rate: la prima metà della somma, otto giorni dopo la sottoscrizione del contratto di commissione e, quindi il 16 dicembre 1364; la seconda metà andava saldata nel momento in cui l’opera sarebbe stata completata. Leonardo avrebbe inoltre fornito le armature e la calcina necessarie, mentre tutte le opere, le pietre (l’arca doveva essere realizzata in marmo, alabastro e pietra d’Istria), il lavoro, l’assistenza necessari erano compresi nel prezzo pagato a Zilberto. Il contratto stabiliva, inoltre, che lo scultore avrebbe dovuto versare a Leonardo un ducato d’oro per ogni giorno di ritardo rispetto al termine fissato per la consegna della tomba. Nella medesima penalità incorreva il committente ove non avesse elargito, entro le date stabilite, il compenso pattuito.
L’arca di Dante, così realizzata dal maestro Zilberto, fu posta nel primo chiostro del convento di Santa Margherita dei frati Eremitani di Treviso, a destra della porta minore della chiesa.
Biscaro ci informa che il sepolcro venne rimosso e scomposto in epoca napoleonica, dopo che la chiesa e il convento furono confiscati e demanializzati. Fu dunque trasportato nel portico del cortile delle canoniche della cattedrale. Successivamente le due teste dell’arca, con gli stemmi gentilizi degli Alighieri, furono trasferite nella Biblioteca capitolare, unitamente alla lapide con l’epitaffio. Tale lapide, tuttavia, come riconosce Biscaro, non è citata nel rogito notarile di Ottone. Il tenore e l’interpretazione dell’epitaffio erano al centro della controversa attribuzione del sepolcro di Pietro. In particolare, sul finire del Settecento, il canonico veronese Gian Giacomo Dionisi aveva sostenuto che l’arca funebre di Pietro a Treviso, altro non fosse che un cenotafio, contenente probabilmente le spoglie di un figlio di Pietro (ii).
Il ritrovamento del rogito con il quale Leonardo - anche a nome e per conto del secondo commissario testamentario di Pietro, frate Liberale, priore del convento di Santa Margherita - commissiona a Zilberto la realizzazione dell’arca consente a Girolamo Biscaro di confutare tale tesi.
Nell’atto, infatti, viene espressamente affermato che Zilberto realizzerà “unam archam | in qua dicti commissari corpus dicti domini Petri Dantis ponere intendunt seu poni facere | in claustro conventus et loci fratrum heremitanum Sancte Malgarite de Tarvisio”.
Sono messe al sicuro, nei locali della Biblioteca capitolare, anche la statua di Pietro giacente e le due statue in forma di virtù che, come detto, erano parte del Padiglione.
Gli altri elementi dell’arca, scrive Biscaro, erano andati dispersi.
Nel 1935 il monumento sepolcrale fu ricomposto nella chiesa di San Francesco, riadibita al culto sin dal 1928.
La Chiesa di Santa Margherita è invece tuttora sconsacrata e ospita, attualmente, il Museo Nazionale Nando Salce.
Il Convento di Santa Margherita, con il suo secondo chiostro, è stato oggetto, negli anni Novanta, di un’importante opera di recupero e valorizzazione. Dal 2 giugno 2006, è sede dell’Archivio di Stato di Treviso.
In conclusione, resta da accennare che, nei protocolli del notaio Ottone di Castagnole si trovano altri atti relativi all’esecuzione delle ultime volontà testamentarie di Pietro che nacque, probabilmente, qualche anno prima del 1300.
Pietro seguì il padre nell’esilio, dapprima a Verona e poi a Ravenna. Morto Dante, si stabilì a Verona. La presenza a Treviso è forse connessa alla riscossione di un credito nei confronti dei banchieri fiorentini Agolanti.
Nel documento che si presenta in trascrizione e in riproduzione digitale, Pietro è definito:
"... magne sciencie viri ... legum doctoris et virtuosi poete, nati quondam sapientissimi poete, viri, domini Dantis de Algeriis de Florencia ...”.
A Verona, fu infatti giudice e vicario del podestà, nonché giudice del Maleficio. Fu autore di alcuni componimenti poetici e di un commento alla Divina Commedia.
Facta (iii).
Carta pactorum commissarii condam domini Petri Dantis et magistri Çilberti tayapiere de Veneciis (iv).
In Christi nomine, amen. Anno Eiusdem nativitatis millesimo trecentesimo sexagesimo quarto, indicione |2 secunda, die dominico octavo mensis decembris, Tarvisio (v), in ecclesia maiore Tarvisii, |3 penes archam infrascripti domini domini Castellani, Dei gracia olim episcopi Tarvisini. Presentibus |4 domino presbitero Blandino de Campo plebis Queri (vi) districtus Tarvisii, mansionario |5 maioris ecclesie Tarvisii; ser Petrucio apothecario de contrata de Dom de Tarvisio; Johanne |6 quondam Iohannis de Feltro, qui moratur in burgo Sancorum Quadraginta (vii), |7 testibus rogatis et aliis. Magister |8 Çilbertus tayapiera quondam Mauri Sancti de Veneciis, de confinio Sancti Barnabe (viii) renuncians fori privilegio |9 et omni et cuilibet suo iuri defensionis et legum auxilio, statutis et reformacionibus Comunis Tarvisii et Veneciarum factis et de cetero |10 fiendis, cum quibus se posset tuerere ab hoc instrumento (ix) pactorum et obligacionis et contentis |11 in ipso, cum expensis, damnis et interesse litis et extra omnibus inde reficiendis, et obligacione omnium suorum |12 bonorum presencium et futurorum, per stipulacionem solemnem, per se et suos heredes, pacto expresso interveniente (x), promisit Leonardo condam Baldi|13nacii de Florencia qui moratur Tarvisio, recipienti et stipulanti commissario nomine condam magne sciencie viri |14 domini Petri Dantis, legum doctoris et virtuosi poete, nati quondam sapientissimi |15 poete, viri (xi), domini Dantis de Algeriis de Florencia, et nomine et vicem discreti et religiosi viri (xii) domini fratris Liberalis |16 de Tarvisio, prioris conventus monasterii et loci Sancte Malgarite fratrum heremitanum de Tarvisio, commissari dicti |17 condam domini Petri Dantis, facere et fieri facere omnibus suis periculis et expensis unam archam |18 in qua dicti commissari corpus dicti domini Petri Dantis ponere intendunt seu poni facere |19 in claustro conventus et loci fratrum heremitanum Sancte Malgarite de Tarvisio per modum et |20 ad similitudinem arche quondam bone memorie reverendissimi in Christo patris |21 et domini domini Castellani de Salamone de Tarvisio (xiii), olim dignissimi episcopi |22 Tarvisini, prout inferius clarissime denotatur. Primo namque facere et construere (xiv) debet |23 dictam (xv) archam huiusmodi longitudinis cuiusmodi est (xvi) archa dicti domini domini Castellani, |24 de lapidibus infrascriptis, videlicet mudiglonos magnos cum capitibus leonum de lapide vivo |25 sive istriano, fundum dicte arche de lapide vivo cum rotundo retorto. |26 In medio, vero, dicte (xvii) arche, ubi est figura dicti condam domini domini Castellani (xviii) in manu |27 tenentis baculum pastoralem, debet esse quedam figura marmorea ipsius |28 domini Petri Dantis (xix) sedentis in catreda ad modum doctoris; a capitibus autem dicte arche |29 facere debet duas figuras marmoreas albas cum duabus colonetis marmoreis |30 retortis secum tenentibus utrisque: ab uno capite, figuram Virginis gloriose; et ab alio capite |31 figuram angeli ipsam annunciantis, ad formam et similitudinem illarum arche predicte |32 condam bone memorie domini domini Castellani; cum spondis [.....] (xx) alabaustri nuvoladi, |33 cum listadellis de ante de marmoro albo (xxi), cum detentibus et foleis laboratis in omnibus |34 et per omnia prout listadelle arche dicti condam domini domini Castellani sunt evidencius |35 laborate, sponde (xxii) autem dicte arche cum listadellis eisdem necessariis que debent poni |36 in capitibus dicte arche, de lapide vivo esse debent, cum armis dicti condam domini |37 Petri intus factis; cuius arche coperculum de vivo lapide esse debet, super |38 quo debet facere et ponere quandam ymaginem magnam (xxiii) dicti |39 domini Petri cum uno cusinello subtus capite de lapide vivo dicte arche conve|40nientem. Item ubi archa dicti condam domini domini Castellani habet quoddam supercellum | 41 cum duobus angelis marmoreis (xxiv) tenentibus in manibus teribulos | 42 et curtinas, dictus magister Çilbertus promisit facere dicte arche dicti condam domini |43 Petri unum supercellum de lapide vivo, dentatum (xxv), cum capitibus (xxvi) de lapide vivo, cum |44 suis mudiglonis (xxvii) longis usque super archam et (xxviii) cum duabus fuguris de marmore albo (xxix) in formam virtutum (xxx) |45 in manibus cartas tetentium et curtinas. Quam (xxxi) |46 archam cum omnibus supradictis figuris, cusinello, |47 listadellis, supercello, spondis, mudiglonis et omnibus aliis necessariis dicte arche |48 dictus magister Çilibertus, per pactum expressum stipulatione solemni valatum, promisit |49 dicto Leonardo Baldinacii, recipienti et stipulanti nominibus antedictis, facere et laborare |50 et fieri et laborari facere ad formam et similitudinem arche dicti condam domini domini Ca|51stellani et tocius laborerii dicte arche spectantis et pertinentis prout evidenter |52 apparet usque ad festum Pasce Pentecostes proxime venture. Pro operibus, patro|53cinio, lapidibus, et labore cuius magistri Çilberti et dicte arche, dictus Leonardus |54 commissario nomine predicto et nomine et vicem dicti domini fratris Liberalis commissari (xxxii) predicti pro quo promisit de |55 rato (xxxiii) et habicione rati taliter quod si dictus dominus frater Liberalis nollet attendere et |56 observare suprascripta et infrascripta et que continetur in presenti instrumento, ipsemet Leonardus de suis |57 propriis bonis et rebus attendere et observare promisit cum expensis, damnis et interesse |58 litis et extra omnibus inde reficiendis et obligatione omnium (xxxiv) bonorum (xxxv) dicte |59 Commissarie et heredum dicti condam domini Petri presentium et futurorum per stipulationem solemnem promisit |60 dare et solvere dicto magistro Çilberto armaturas et calcinam necessarias causa ponendi in opere dictam archam et (xxxvi) centum quinquaginta ducatos boni |61 auri et iusti ponderis per duos terminos videlicet: medietatem dictorum ducatorum auri |62 usque ad octo dies proximos venturos et aliam medietatem dictorum ducatorum auri quoniam dictum |63 opus erit completum. Que omnia et singula supradicta (xxxvii), dictus Leonardus, commissario |64 nomine predicto et nomine et vicem dicti domini fratris Liberalis commissari predicti et pro quo promisit de rato ut supra |65 ex una parte et dictus magister Çilbertus ex altera parte, promiserunt sibi adinvincem |66 sicut attendere et observare ut supra dictum est et non contrafacere vel venire aliqua |67 racione vel causa que dici vel excogitari posset de iure vel de facto; et hec sub pena et |68 in penam unius ducati auri dicto magistro Çilberto pro qualibet die que transiret terminum |69 antedictum et unius ducati auri dicto Leonardo, commissario nomine predicto, pro qualibet die qua |70 dictus Leonardus cessaret dare et solvere (xxxviii) dicto magistro Çilberto precium supradictum, transactis |71 terminis supradictis; hinc inde soluturum solemni stipulatione promisserunt que tociens possit comitti, |72 peti, lui et exigi cum effectu per partem attendentem et observari volentem a parte non |73 attendente et observare nollente, quociens contra predicta et aliquid predictorum factum fuerit vel |74 commissum vel, ut supradictum est, non fuerit integraliter observatum; et ipsa pena commissa |75 vel non, exacta vel non, soluta vel non, semel aut pluries nihilominus presens contractus et |75 omnia et singula supradicta suo proprio robere potiantur.
Treviso, in Santa Margherita, 25 marzo 2021 DanteDì!
Antonio Bruno
Ricostruzione della Tomba di Pietro di Dante, realizzata da Biscaro (xxxix) | Coperta del protocollo di Ottone di Castagnole |
Carta pactorum commissarii condam domini Petri Dantis et magistri Çilberti tayapiere de Veneciis, Archivio di Stato di Treviso, Atti Ottone da Castagnole. © Copyright Archivio di Stato di Treviso. Tutti i diritti riservati |
Note:
(i) G. BISCARO, La Tomba di Pietro di Dante a Treviso, «L’arte: rivista di storia dell’arte medievale e moderna», 2, 1899
(ii) Si rimanda a Biscaro, per il testo dell’epitaffio e la confutazione della tesi del Dionisi
(iii) “Factum/ facta in carta” indica l’avenuta estrazione in mundum dell’atto
(iv) A margine dell’atto notarile sono annotati il tipo di negozio e gli attori del medesimo
(v) depennato: “sub”
(vi) Biscaro, erroneamente, “qui nunc moratut Tar.”
(vii) depennato: “de Tarvisio, Odorico quondam Vidolini de civitate Beluni qui moratur in burgo Sanctorum Quadraginta”, rr. 6, 7
(viii) Biscaro non trascrive da “renuncians” fino a “promisit” a r. 12, né avverte di aver saltato il testo. Come farà, più avanti, dunque, omette le formule di rito.
(ix) depennato: “debiti”
(x) “pacto expresso interveniente” è aggiunto a margine.
(xi) “viri” in interlinea
(xii) “discreti et religiosi viri” in interlinea.
(xiii) depennato: “domini”
(xiv) depennato: “dictam”
(xv) “dictam” nel margine
(xvi) depennato: “e”
(xvii) “dicte” in interlinea
(xviii) depennato: “cum”
(xix) “Dantis” in interlinea
(xx) Biscaro: “de marmore”. Tuttavia la parola o le parole qui aggiunte in interlinea risultano di difficile lettura in quanto si sovrappongono alle aste ascendenti delle lettere “l” e “b” in “alabaustri”
(xxi) “albo”, in interlinea.
(xxii) “sponde”, in interlinea, in luogo di “fundi” depennato.
(xxiii) depennato: “de lapide vivo”
(xxiv) depennato: “teribulos et curtinas”
(xxv) In interlinea, in luogo di “cum dentibus”
(xxvi) depennato: “lo”
(xxvii) “suis mudiglonis”, nel margine.
(xxviii) Depennato: “d”
(xxix) “de marmore albo” in interlinea
(xxx) depennato: “curtinas tenentibus et cartas in manibus tenentibus”, rr. 44, 45
(xxxi) a inizio della riga successiva, depennato: “omnia et singula supradicta dictus magister”
(xxxii) Biscaro omette “commissari”.
(xxxiii) Biscaro omette da questo punto in poi, limitandosi a trascrivere “taliter” seguito da “ecc.”, fino a riprendere con “promisit” a riga n. 59.
(xxxiv) depennato: “suorum”
(xxxv) “depennato: presentium et futurorum per s”
(xxxvi) da “armaturas” ad “archam et”, in margine.
(xxxvii) Biscaro trascrive fino a qui, peraltro trascrivendo erronemanete “suprascripta” e conclude con “etc., seguono le solite formule di garanzia”
(xxxviii) “et solvere” in interlinea
(xxxix) G. BISCARO, La Tomba ..., cit.