Dante e il Risorgimento

Dante e il Risorgimento: Il monumento dedicato a Dante il 14 maggio 1865.

A due passi dalla chiesa e dal convento di Santa Margherita, nel cui primo chiostro era collocata l’arca funebre di Pietro Alighieri, vi è un altro luogo dantesco per eccellenza, reso celebre dal 49° verso del canto IX del Paradiso: “e dove Sile e Cagnan s’accompagna”, pronunciato da Cunizza, figlia di Ezzellino II da Romano e sorella di quell’Ezzelino III che, nel medesimo canto, viene immortalato come la “facella” che aveva messo a ferro e a fuoco l’intera Marca Trevigiana.

A Cunizza, Dante affida le terribili profezie contro le città venete, ree di essere nemiche della politica imperiale e acerrime avversarie di Can Grande della Scala.

Nella Commedia, dunque, Treviso è identificata facendo riferimento al punto in cui le acque del Cagnano confluiscono in quelle del Sile.

Ed è pertanto in questo sito, più precisamente sul parapetto superiore del Ponte dell’Impossibile, che il 25 novembre 1864 Luigi Giacomelli, podestà della città, con una relazione letta durante una sessione del Consiglio Comunale, propone di elevare, “una lapide di pietra viva” nella quale siano scolpiti l’effige di Dante Alighieri e il famoso verso di Cunizza.

Treviso e il Veneto, a quell’epoca, erano ancora sotto il gioco dell’Impero Asburgico. 

Il seicentesimo anniversario della nascita di Dante Alighieri si presentava, quindi, come una rara occasione per affermare, pubblicamente, i sentimenti patriottici nei confronti di un’Italia che era, ormai, una realtà.

Dante, infatti, padre della lingua e della letteratura nazionali, era stato fonte di ispirazione per molti esponenti della élite risorgimentale italiana che da un lato, vedevano in lui, con forzature giustificate dal fervore romantico-patriottico e dalle circostanze poltiche, il profeta delle lotte per l’indipendenza e l’unità dell’Italia; dall’altro, il fustigatore dei costumi e dei vizi dei suoi contemporanei, compito che ben si addiceva all’idea romantica dell’intellettuale moralista, dell’uomo di cultura che doveva comprendere, educare e indirizzare il popolo verso ideali più alti (Mazzini, ad esempio, aveva intitolato il suo primo saggio: “Dell’amor patrio di Dante”). 

La proposta di Giacomelli è approvata all’unanimità e il Consiglio, conscio delle ristrettezze economiche di bilancio, stanzia la somma di quattrocento fiorini per la realizzazione dell’opera.

Un paio di mesi più tardi, il 31 gennaio 1865, Angelo Giacomelli, figlio di Luigi e Domenico Monterumici, incaricati degli apprestamenti necessari all’esecuzione del monumento, presentano alla Congregazione Municipale (la Giunta comunale dell’epoca), il progetto del prof. Luigi Borro, lo scultore trevigiano che, qualche anno dopo, raggiunta l’agognata unità con il resto d’Italia, sarà incaricato di realizzare la scultura dedicatata all’indipendenza, familiarmente nota ai Trevigiani come “la Teresona”.

Il medaglione di Dante doveva avere un diametro di settanta centimetri; la pietra prescelta sarebbe stata fornita dalla cava di Stefano De Marchi, sita in Lago; gli scalpellini necessari dovevano essere individuati in “due bravi artefici di questa città … sicché trevigiani sarebbero lo scultore e li scalpellini e della provincia anche il materiale”.

Un monumento fatto in casa, dunque, per celebrare il Poeta e nel contempo testimoniare, a imperitura memoria, il tributo di Treviso “in onore di questo sommo che è tanta parte nell’italiana coltura”, ma anche, lo si può leggere tra le righe, i sentimenti patriottici e filoitaliani della città.

Lievitava, tuttavia, la spesa prevista, dai quattrocento fiorini inizialmente stanziati dal Consiglio Comunale, ai settecentocinquanta ora necessari: 350 a Borro, per il medaglione e il disegno; 175 ai tagliapietra Silvestro Granzotto e Antonio Beccari per “l’ulteriore lavoro di scalpello e trasporto dei massi dalla stazione al laboratorio e da questo sul sito di collocamento”; 190 fiorini al De Marchi per la consegna dei massi nella Stazione ferroviaria di Treviso (inaugurata solo qualche anno prima, il 14 ottobre 1851) e 35 fiorini per “i boloni di ferro … per l’unione dei pezzi”.

Giacomelli e Monterumici giustificano il prezzo ritenendo che tale spesa era “il meno che far si possa in tale occasione e se l’opera non riuscirà di per se grandiosa, potrà almeno offrire un merito artistico”.

A tale cifra si sarebbe aggiunta la somma necessaria alla posa in opera, affidata all’ingegnere municipale Francesco Bomben che, da parte sua, aveva prodotto un preventivo di 470 fiorini.

In definitiva, il tributo di Treviso a Dante, sarebbe costato 1.220 fiorni, il triplo di quanto preventivato.

È nella seduta della Congregazione del 26 aprile, nella quale “avvicinandosi l’epoca in cui si compie il centenario” occorre“determinare il da farsi in tal giorno”, che si avverte come i margini di manovra per i festeggiamenti da attuarsi siano, “con riguardo … ai tempi presenti”, piuttosto ristretti. Giacomelli, dunque, propone di “limitare il concorso del Collegio Municipale alla scopritura del predisposto ricordo … invitando ad assistere la Commissione ed alcune autorità” e suggerisce, per attirare un maggior afflusso di persone, che la cerimonia si svolga domenica 14 maggio, vigilia della ricorrenza (la data della nascita di Dante non è tuttavia conosciuta con esattezza ed è generalmente compresa, dagli studiosi, tra maggio e giugno 1265). 

Una fotografia scatatta quel giorno, conservata dalla Biblioteca comunale, attesta la vasta partecipazione di folla, sulla quale vigila, attenta e discreta, la polizia austriaca.

Era stata “Sua Eccellenza il signor cavalier di Toggenburg, Imperial Regio Luogotenente di Sua Maestà Imperiale Reale Apostolica nel regno Lombardo-Veneto” ad autorizzare personalmente la manifestazione, con un dispaccio datato 3 maggio 1865(“… si è compiaciuto altresì dichiarare di non aver alcun obbietto a che la relativa festività abbia luogo nel modo tracciato...”). A comunicarlo al Podestà è il Regio Delgato provinciale, Fontana, che con la medesima missiva affermava pertanto di poter accettare l’invito ad assistere alla cerimonia.

Superato dunque, l’ostacolo, dell’approvazione imperiale, la manifestazione si svolse, e, da quel momento il Ponte dell’Impossibile, venne rinominato “Ponte Dante”.

In queste pagine, realizzate in occasione, questa volta, del settimo centenario della morte di Dante Alighieri, pubblichiamo aluni documenti conservati dall’Archivio di Stato di Treviso a ricordo di quell’evento.

Treviso, 14 maggio 2021, ore 12.30, in Santa Margherita

Antonio Bruno


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Inaugurazione Ponte DanteDiscorso Giacomelli

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